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JAPAN, 2004
Appunti di Viaggio

 

 

:: 7.3.04 ::

- Tokyo -

Sul fianco sinistro della tazza sta appesa una console con quattro bottoni, una manopola ed un display luminoso. Appena si sfiora la ciambella l'apparato meccanico-elettronico si mette in funzione, per la gioia dell'utente del water.
L'utente dispone di diverse funzioni, illustrate dal simbolo di getti d'acqua, piu' o meno vaporizzata, sopra simboli di chiappe, piu' o meno felici. La temperatura e la pressione sono selezionabili dall'utente, ed il tutto comincia con un delizioso rumore elettrico - simile al rumore dei trucchi della DB5 di James Bond - ed una specie di erogatore fuoriesce dalla sua sede.
Nei bagni femminili (*) i diffusori sonori emettono il suono di un delicato scroscio d'acqua - due le teorie, a lungo dibattute: che il suono serva a stimolare la seduta, oppure sia solo rumore di copertura.
Nei bagni pubblici, dopo essersi lavati le mani, le si inserisce in una fenditoia da cui esce aria ad alta pressione - e fino a qui niente di nuovo. Ma all'atto dell'inserimento, una luce blu ultravioletta si accende ad illuminare le mani, per eliminare, cautamente, eventuali germi coriacei.
Per quelli che indugiano in lunghe docce che risultano in bagni allagati ed annebbiati, nei bagni degli alberghi c'e' una sezione rettangolare dello specchio che non si appanna, mai.
Nei bagni pubblici, spesso, attaccato al muro si trova un portabambino di sicurezza - in questo caso l'utente del bagno inserisce il bambino per essere piu' libero nell'utenza. Il portabambino non e' dotato di videogiochi ne' telefono cellulare I-mode.

(*) L'esperienza non e'stata vissuta in prima persona dal redattore.

:: D 02:10
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:: 11.3.04 ::

- Kyoto -

In fondo, tutto il mondo e' paese.
Le notti brave degli adolescenti e degli adolescenti attempati di tutto il mondo in fondo hanno tutte la stessa struttura. Si esce dai club all'alba, ci si ferma un po' li' davanti, qualcuno urla, qualcuno ride, qualcuno canta. Poi nella peggiore delle ipotesi, si va a mangiare. Gruppi di amici che entrano mentre altri gruppi di amici escono. A volte sono ristoranti, a volte bar, a volte panifici. A volte brioche, a volte pizza, a volte hamburger. Qui a Kyoto, invece, noodle soup.


:: D 10:20
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:: 16.3.04 ::

- Tokyo -

Ho finalmente coronato il sogno di una vita: dormire in una
capsula a Tokyo.
Il Capsule Inn Akasaka non mi attirava per niente - faceva troppo Holiday Inn, faceva troppo cheap - allora ho chiamato il Green Plaza Shinjuku: "Hi, do you have a capsule for tonight?".

Arrivo verso le dieci di sera. L'hotel e' in mezzo ad una specie di quartiere a luci rosse, dove i peep show si confondono tra le migliaia di sale giochi e slot machine. Si entra dal piano terra di un edificio dove non si capisce bene cosa ci sia, anche perche' tutte le scritte sono soltanto in giapponese. La hall e' rossa e deserta, con alcune fontane poco mantenute ai lati. Scendo sopra la moquette rossa consumata sugli angoli dei gradini e decisamente sozza, salgo sull'ascensore, e noto che anche questo e' veramente sporco. Un cartello avvisa che e' assolutamente vietata l'entrata ai portatori di tatuaggi ed agli ubriachi. Ringrazio il cielo per essere riuscito, ai tempi, a sedare gli impeti giovanili da tatuaggio, e nel frattempo arrivo alla reception.

C'e' un bancone molto lungo, naturalmente diverso da quello degli alberghi e piu' simile a quello di McDonald's, apparentemente molto efficiente, e ci sono molte persone in coda, che vengono pero' smaltite velocemente.
Mi avvicino ed una ragazza mi guarda: "You are here for the capsule?". Io le rispondo di si e lei guarda spaventata le mie scarpe - me le dovevo togliere, ed in effetti mi guardo intorno e sono tutti scalzi.
L'operazione di check-in e' particolare, e deve gestire anche l'assegnazione di tre armadietti - uno per le scarpe, uno per i vestiti ed uno per le valigie grandi come la mia - e per l'inserimento di cose di valore all'interno di una busta gialla che viene poi sigillata davanti ai miei occhi. Capisco di essere un cliente particolare, prima di tutto perche' sono biondo, e poi perche' in pochi hanno una valigia. Mi viene data una chiave dell'armadietto e mi viene ritirata la chiave delle scarpe - non e' possibile avere controllo delle due chiavi contemporaneamente. Mentre pago mi volto, e vedo un tipo completamente nudo con una specie di camicia azzurrina sulle spalle che sta salendo le scale.
Con la carta di credito in mano, guardo meglio e noto decine di persone che salgono o scendono le scale, nudi oppure con dei boxer blu, tutti scalzi ed alcuni con un piccolo asciugamano giallo in mano. Allora mi concentro su quelli che stanno facendo check-in con me: classe media, gente in giacca e cravatta, alcuni ben distinti dentro gessati grigi e cravatte impeccabili, alcuni ragazzi della mia eta' in abito, qualche barbone e dei vecchi. Sono l'unico occidentale, ma come succede in Giappone nessuno mi presta attenzione.

Entro nella stanza degli armadietti e cerco il mio. Per ogni fila di armadietti ci sono persone che si stanno cambiando - tutti si stanno spogliando e si stanno mettendo la divisa offerta dalla casa: boxer blu, camicia azzurra, e nient'altro. Sembra che tutti sappiano dove andare e come fare, sembra che tutti sappiano come funziona.
In fondo ad ogni fila di armadietti c'e' una sedia dove sta seduta una persona nuda a fumare. Nel bagno ci sono spazzolini usa e getta, rasoi usa e getta, shampoo, saponi ed ogni genere di crema, pero' il bagno e' vecchio e trasandato.

Chiedo per le docce, e mi dicono che devo salire tre piani, salgo le scale e per le scale ci sono decine di persone che salgono e scendono con destrezza - sembrano di casa. Arrivo al settimo piano, anch'io ora sono scalzo, i boxer blu e la camicia azzurra. Entro in una stanza dove c'e' una grande vasca con tante persone sulla cinquantina addormentate nell'acqua con l'asciugamano giallo sulla fronte. Nessuno mi degna di uno sguardo, anche se in questo contesto sono decisamente diverso dagli altri. Lungo tutti i lati della stanza ci sono tanti seggiolini bianchi su cui bisogna sedersi per fare la doccia - non esiste quella in piedi. Dopo la doccia tutti vanno in una stanza dove ci sono pile di asciugamani gialli - qui ci si asciuga sopra una pedana davanti ad un ventilatore che spara aria fredda a massima velocita' verso quelli bagnati che si stanno asciugando. La stanza di fianco e' un altro bagno enorme dove ai lati stanno prodotti diversi e dove tutti si sistemano un po'.
Dopo la doccia scendo. Tutti sono scalzi, ma il luogo non e' pulito. O meglio, pare pulito pero' e' vecchio, quindi in fondo e' sporco. Dopo la doccia esco per la serata, e mentre esco altri uomini in giacca e cravatta ed un ragazzo in smoking con il papillon un po' sfatto stanno arrivando.

Ritorno verso le due e ci sono ancora persone al check-in, ancora giacca, cravatta, e calze. Salgo all'ultimo piano ed entro in una stanza grande dove ci sono centinaia di persone, tutte scalze ed in mutande. A destra dell'entrata ci stanno otto lettini e di fronte agli otto lettini otto massaggiatrici - il must qui e' il massaggio plantare. Giusto a sinistra c'e' una specie di ristorante self service che non degno di attenzione, e tutto il resto del piano e' occupato da tanti piccolissimi banchi - come quelli delle elementari - ognuno separato dall'altro, e tutti orientati verso una televisione. Sui banchi la gente cena, legge i giornali, guarda la televisione, oppure parla ad alta voce con se stessa come nei manicomi. Mi siedo mentre aspetto il massaggio plantare e scopro che il ragazzo di fianco a me e' pazzo. E' un giapponese grasso, il che innanzitutto e' raro, che ha riflessi strani di fronte alla sua birra mentre guarda la televisione - si agita ma e' come incantato, passivo di fronte agli eventi.

 

Il massaggio plantare e' ottimo, esaltato dal rumore della russata insostenibile dei due salarymen giusto di fianco; dopo il massaggio decido che e' il momento di entrare nella capsula. La mia capsula e' al terzo piano dell'albergo, lungo un corridoio ai cui lati stanno queste specie di loculi di plastica, che sembrano lavatrici ma che pero' non dispongno di sportello e restano sempre aperti; l'entrata e' di un metro per uno, e per ogni corridoio ci sono due piani di capsule.
La gente russa molto qui, e si capisce infatti perche' la reception vende i tappi. Le capsule sono di colore giallo, un giallo inizi anni ottanta, effettivamente il posto e' vecchio. La capsula e' pulitissima, c'e' una console di comando con radio, luce, sveglia, una televisone di pollici undici che sbuca fuori dall'alto, un sensore di fumo, una tendina.

Spengo la luce. La mia capsula e' al piano terra, cosi' per tutta la notte vedo bene quelli che camminano nel corridoio, gente che arriva e che se ne va ad ogni ora, avanti e indietro. Prima indossavano una giacca e una cravatta, ora hanno i boxer blu, la camicia azzurrina, e camminano tutti scalzi.


:: D 10:12
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